15 Feb Clubhouse: moda social o prossimo strumento di business?

Insomma, vi hanno già invitato?
Sì, sto parlando di quello di cui stanno parlando tutti: Clubhouse, il nuovo social in cui non si posta e non si scrolla, non ci sono foto né video, ma…si parla, appunto.
Nelle ultime settimane l’app di Paul Davison e Rohan Seth ha avuto un boom esponenziale di download, complice anche un tweet del solito Elon Musk. Gli esperti si stanno già dividendo in fazioni, tra chi l’ha ribattezzato “il futuro dei social” e chi lo etichetta come il prossimo Vine (ve lo ricordate Vine? No? Ecco). Allo stesso tempo, anche le aziende provano a capirne le potenzialità, per trasformarlo in uno strumento di business.
Ecco, in sintesi, quello che c’è da sapere.
Cos’è Clubhouse
Clubhouse è, stando al sito, ”un nuovo tipo di prodotto social che permette alle persone, ovunque esse siano, di conversare e raccontare storie, sviluppare idee, approfondire amicizie ed incontrare persone interessanti.”
È stato lanciato la scorsa primavera (molti non sanno, infatti, che è ancora in fase beta) e ad oggi conta un paio di milioni di iscritti al mondo, di cui già 50 mila in Italia. Fra gli utenti, molti sono esperti del settore digitale, giornalisti, venture capitalists e celebrities.

Come funziona
Clubhouse si basa, appunto, sulla voce. È come un forum con i messaggi vocali al posto della chat, o, se vogliamo, un podcast interattivo. Le conversazioni avvengono in delle “stanze”, che possono essere più o meno popolate, dove si può interagire chiedendo la parola o semplicemente entrare per ascoltare.
Se dovessimo fare un paragone calato nella realtà, Clubhouse emula un’esperienza che va dalla chiacchierata sul divano con tre o quattro amici al TED Talk dei tuoi sogni, con la differenza che puoi essere parte attiva della conversazione. Sono i partecipanti a decidere i topic delle conversazioni, e queste non vengono registrate: a stanza conclusa, non ne rimane traccia.
Il primo punto di forza: l’esclusività
Per accedere a Clubhouse bisogna essere invitati (e avere un iPhone, perché per ora su Android non gira). Questo è il primo grande punto di forza della piattaforma: ancor prima di essere utilizzato, fa sentire gli utenti membri di un circolo esclusivo, di cui fanno parte gente tipo Musk, Oprah Winfrey, Ashton Kutcher o Drake.
Se dovessimo fare un paragone calato nella realtà, Clubhouse emula un’esperienza che va dalla chiacchierata sul divano con tre o quattro amici al TED Talk dei tuoi sogni, con la differenza che puoi essere parte attiva della conversazione.
Il desiderio che questo nuovo social network è in grado di generare è testimoniato dal mercato degli inviti su eBay: c’è stato un boom di inserzioni relative all’app nell’ultima settimana, e i prezzi per un invito vanno dai 4 ai 30 euro.
Il fatto che le conversazioni non vengano registrate, poi, regala una sensazione a cui non siamo più abituati: quella di partecipare ad un evento che non possiamo rivivere continuamente sulle nostre timeline o bacheche.
Un’esperienza più umanizzata
La voce è un veicolo naturale di empatia. L’enorme interesse che hanno generato i podcast negli ultimi anni, e il massiccio lavoro sui contenuti che ha investito questo media, testimoniano quanto ci piaccia ancora sentirci raccontare le cose.
In più, in un periodo storico in cui ritrovarsi a fare due chiacchiere al bar rimane piuttosto complicato, un’app che promette di riportarci a quel grado di interazione umana ha sicuramente trovato terreno fertile.

Clubhouse può essere utile alla mia azienda?
Difficile, per ora, dire se Clubhouse sia solo una moda social o possa diventare il prossimo strumento di business. Per ora possiamo ragionare solo sulle potenzialità di Clubhouse, perché non sappiamo come evolverà il suo modello di business una volta che l’app avrà assunto la propria forma definitiva. Sicuramente, sembra un buon modo per fare networking ad alto livello. Se manterrà la sua esclusività, l’opportunità di interagire con personalità di spicco del settore in cui si opera o con cui potrebbe essere interessante stringere alleanze è notevole.
In termini di marketing, le due strade che sembrano più fertili sono:
– aumentare la brand awareness, facendosi promotori di stanze tematiche
– creare campagne per passaparola, contando su un’audience già saldamente fidelizzata.
Un’altra ipotesi che ci sentiamo di fare è quella che presto i brand possano anche sponsorizzare delle stanze: questo aprirebbe degli scenari interessanti, soprattutto per il b2b.
Clubhouse può essere utile alla mia azienda?
È davvero troppo presto per decretare se Clubhouse sia solo una moda social o il prossimo strumento business, dobbiamo attendere che faccia un po’ di rodaggio. Oltretutto, come riporta il Post, sembra ci siano ancora delle questioni relative alla privacy e alla moderazione dei contenuti da risolvere. Per ora, accontentiamoci di passare qualche ora chiacchiarando con Drake.
Sempre che ci inviti.
Vicentino di nascita ma trevigiano d’adozione, è nato nell’anno in cui i Nirvana pubblicavano Nevermind e al cinema si andava a vedere Thelma e Louise.
Durante la settimana fa l’art director, l’aspirante cuoco, il nerd fumettaro, il critico cinematografico sul divano, l’illustratore freelance; nei weekend fa le stesse cose + mangiare la pizza.